Memorie
Albania: da un Papa (1993) all’altro (2014)
di Paolo Foresti
Primavera del 1993 Papa Giovanni Paolo II° visita l’Albania: un paese che sembra uscire da una guerra tanto duri erano stati gli anni dell’isolamento imposto dalla dittatura comunista.
Non c’era acqua, elettricità e cibo: eppure c’era la speranza e l’entusiasmo di un popolo che voleva tornare a far parte della comunità umana. La popolazione era giovanissima, l’età media intorno ai 27 anni e la voglia di libertà enorme.
Ma la realtà è diversa dalla fantasia. I giovani albanesi dovettero subito rendersi conto che le porte di quella prigione che era stato il loro Paese per 45 anni si erano aperte all’interno con la caduta del regime ma subito richiuse dall’esterno per evitare migrazioni massicce verso i paesi vicini. Cominciano così i duri anni della ricostruzione tra massicce migrazioni clandestine, aiuti internazionali, con in prima linea l’Italia, e scontri paralizzanti tra gli ex comunisti e gli anti ex comunisti. E già perché in un paese che aveva scritto nella sua costituzione l’ateismo di stato, la differenza tra le nuove e le vecchie classi dirigenti stava solo in una presunta evoluzione del sistema o nel suo profondo mutamento per recuperare il tempo perduto, ma ad entrambe mancavano gli strumenti culturali per cambiare veramente.
Lo scontro tra i due gruppi, gli eredi del vecchio Partito del Lavoro, rinato come partito socialista, ed i Democratici provenienti dallo stesso ceppo che rinnegavano, portò nel 1997 all’inizio di una guerra civile in qualche modo stimolata anche dall’ottusa visione di quanti, soprattutto in Europa propugnavano, talora anche in mala fede, la realizzazione di una moderna società democratica in poco più di cinque anni!
Grazie in particolare all’impegno italiano, sostenuto dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, fu possibile evitare il peggio e ricominciare il lento percorso verso lo sviluppo democratico, economico e sociale.
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Settembre 2014 un pontefice, Papa Francesco, torna in un’ Albania molto diversa anche se gli scontri tra i due partiti maggiori non sembrano avere superato sostanzialmente le contrapposizioni che rendono ancora oggi la vita politica albanese estremamente complessa. Tuttavia in venti anni si è assistito ad una certa alternanza di Governo. Gli obiettivi da raggiungere non sono più quelli posti da emergenze epocali ma quelli della costruzione di uno stato e di una società moderni capaci di collaborare ed integrarsi con gli altri paesi del Continente da cui il Paese delle Aquile era stato artificialmente tenuto separato per mezzo secolo. Non ci sono più le speranze e gli entusiasmi di 21 anni fa, ma c’è una nuova popolazione che grazie al notevole miglioramento economico, a servizi e infrastrutture più moderni cerca con affanno di recuperare il tempo perduto.
L’emigrazione con il turismo hanno costituito in questi anni gli strumenti più significativi, sia per l’effetto emulativo e sia per le rilevanti entrate monetarie, dell’ammodernamento e della crescita.
Oggi come allora il papa trova un paese multireligioso dove convivono mussulmani, cristiani ortodossi e cattolici: agnostici e credenti vivono la religione come fenomeno individuale nel pieno rispetto delle proprie opinioni. Non è un caso che la cattolicissima Scutari, come la definiva nei suoi Statuti il modernissimo scheletro giuridico-costituzionale della metà del Trecento, tale sia rimasta nell’Albania ottomana dove sono nati i tolleranti e moderni Bektashi i cui fedeli nel mondo sono oggi intorno ai settanta milioni. A Tirana, in attesa di realizzare il Policlinico, funziona da vari anni l’Università cattolica della Nostra Signora del Buon Consiglio realizzata su di un terreno donato nel 1993 dal Presidente della Repubblica a Madre Teresa.
Il Paese rimane, nonostante la crisi economica, in forte espansione pur tra mille contraddizioni. Magistratura, ordine pubblico, amministrazione, ambiente, servizi, caos urbano, relativa cementificazione della splendida costa lasciano molto a desiderare ma….potrebbe essere altrimenti?
L’unione Europea ha recentemente riconosciuto lo status di paese candidato all’adesione ma certo non è per domani. Prima che il piccolo-grande Paese delle Aquile torni a volare in stormo con gli altri passerà ancora qualche anno ma l’obiettivo non è in discussione.
Paolo Foresti