Memorie



‘Znak pored puta’
RICORDO DELL’ AMBASCIATORE ALBERTO CAVAGLIERI

di Daniele Verga

 

Il 20 maggio è deceduto l’Ambasciatore Alberto Cavaglieri. Lo scorso luglio aveva compiuto 100 anni.

Il mio ricordo dell’Ambasciatore Cavaglieri è motivato dall’affetto filiale che Daniela ed io abbiamo continuato a nutrire per Lui dal lontano dicembre  1977, allorchè giovane funzionario giunsi a Belgrado, mia prima sede all’estero.

Ho sempre detto che non avrei potuto avere un Capo Missione migliore. L’Ambasciatore Cavaglieri è stato un grande diplomatico, instancabile e scrupoloso lavoratore, di forte personalità, rapido nelle decisioni e gran camminatore. Quante belle escursioni insieme a visitare monasteri serbi! Usava correggere sempre e tutto. Mi è rimasta impressa la bozza del primo telespresso – era la comunicazione abituale allora tra le  Sedi diplomatiche all’estero e la Farnesina; il telegramma era raro e di complessa trasmissione – che molto soddisfatto del mio lavoro Gli sottoposi. Me lo restituì con tutte le sue modifiche scritte a mano: del mio testo originario era rimasto ben poco. Volle tranquillizzare la mia evidente delusione dicendomi affabilmente: “Non ti preoccupare; se dipendesse da me io correggerei anche il Vangelo!” Lesson learned: da allora le correzioni alle mie bozze sono andate via via diminuendo…

Si lavorava bene e tanto con l’Ambasciatore Cavaglieri. Allora Belgrado, dopo l’Atto Finale di Helsinki sulla Cooperazione e la Sicurezza in Europa, dopo gli Accordi di Osimo che avevano normalizzato le relazioni tra l’Italia e la Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia guidata dal Maresciallo Tito era una Sede di primaria valenza politica internazionale e bilaterale. Ma si lavorava – cosa non ovunque scontata - in serenità, in armonia, con l’impegno spontaneo di ciascuno.

Raramente ho sentito l’Ambasciatore Cavaglieri alzare la voce; ancor meno gridare. Mi raccontò che l’unica volta in cui durante la sua missione a Belgrado perse la pazienza e si alterò fu nel corso di un colloquio con il presidente della repubblica slovena della Federazione jugoslava per una questione riguardante la minoranza italiana.
L’Ambasciatore Cavaglieri non aveva bisogno di alzare la voce con i suoi collaboratori, sia perché per natura e per formazione trattava tutti indistintamente con garbo e con rispetto, ma soprattutto perché possedeva una dote innata ed essenziale per un diplomatico: l’autorevolezza.

Autorevolezza che Gli veniva riconosciuta  da tutti i Suoi interlocutori e con la quale ha saputo tutelare ed affermare gli interessi italiani nelle varie sedi – L’Avana, Nazioni Unite a New York, Belgrado, Bruxelles, Organizzazione Internazionale del Lavoro a Ginevra - in cui ha servito come Capo Missione ed ha dato prestigio, lustro, visibilità e riconoscimenti all’azione diplomatica dell’Italia.

A seguito del mio annuncio della Sua scomparsa mi sono pervenuti da colleghi che hanno lavorato con Lui o che Lo hanno semplicemente conosciuto unanimi espressioni di sincero cordoglio e di apprezzamento per la Sua figura.

Vorrei citarne alcune: “Qualità intellettuali e umane di gentiluomo e di perfetto servitore dello Stato”; “persona di grande cordialità, simpatia e concretezza”; “un altro maestro che se ne va, lasciandoci comunque la sua preziosa eredità”; “collega serio, valoroso che ha offerto alla carriera impegno e passione”; “una persona molto cara, intelligente e arguta”. E le parole dell’attuale Direttore Generale delle Risorse e dell’Innovazione del Ministero degli Affari Esteri: “è stato certamente uno dei protagonisti di un’epoca”.

Un ricordo doveroso ed egualmente affettuoso va alla consorte, l’Ambasciatrice Virginia, amata di un amore composto, adulto, ma totale, troppo prematuramente e terribilmente interrotto. L’Ambasciatore Cavaglieri ha vissuto gli anni della Sua lunga vecchiaia, segnata anche dal decesso della sorella alla quale era molto legato, con forza, dignità e Fede, confortato dalla vicinanza dei nipoti e pronipoti e degli amici che, finché ha potuto, amava riunire convivialmente al Circolo Esteri.

E' scomparso un diplomatico che ha onorato la Carriera. Un altro pezzo che scompare di una Farnesina d’antan di cui ci rimane la memoria ed il vanto di averla conosciuta e servita.

Nel Suo contributo sull’esperienza jugoslava  per il volume della collana ‘Professione: diplomatico’ curata da Enrico Serra l’Ambasciatore Cavaglieri così concludeva: “Il periodo in cui sono stato ambasciatore in Jugoslavia resta per me un profondo ricordo di carriera e di lavoro. Direi, per citare un’espressione di Ivo Andric, ‘Znak pored puta’, un segno lungo la via, Un grande segno”. Come la Sua testimonianza professionale e umana.

Caro Ambasciatore Cavaglieri, nella mia carriera ho avuto il privilegio di collaborare con grandi diplomatici italiani come Te che mi hanno insegnato il 'mestiere' ed a considerarlo una famiglia. Ti sarò sempre grato per l’irripetibile periodo trascorso insieme a Belgrado.

 

Roma, 22 maggio 2020